Auto-intervista

AUTO-INTERVISTA


Cosa ti ha portato a scrivere questo libro?

La mia tristezza nel constatare che non mi piacevo. Ero in preda alla tipica crisi adolescenziale, in cui si è alla ricerca di sé, in cui si vaglia la propria vita con occhio estremamente critico e crudele, direi. Iniziare a scrivere ha cambiato la mia vita.

 

Cosa – chi ti ha inspirato?

Sicuramente mi ha ispirato la mia attività marziale e la mia passione per i fumetti giapponesi, ma la prima fonte principale è stata la mia vita e quello che vedo attorno a me. Molti personaggi nascono da persone che realmente esistono, alcuni punti della storia sono la rielaborazione letteraria, ovviamente, di episodi accaduti nella mia vita. Prendiamo Momo, ad esempio: era un mio compagno di classe al liceo a cui ero molto legato e con lui, vi assicuro, non c’è stato bisogno di ricorrere troppo alla fantasia.

 

Chi è il tuo lettore modello?

Il mio lettore modello non è necessariamente esperto di arti marziali o attento lettore di manga, anzi. Con sorpresa ho ricevuto commenti più che positivi da persone assolutamente lontane da queste realtà. Il mio lettore ideale è l’uomo in ricerca, l’uomo che cammina cercando qualcosa di più.

 

Come è stato accolto il libro dai tuoi primi lettori?

Dopo aver scritto la prima parte del libro, avevo deciso di interrompere il lavoro. Per caso, una sera, inviai il testo ad un mio caro amico che cercò in tutti i modi di convincermi a proseguire. Presentai quindi il mio progetto ad altri conoscenti che fecero lo stesso. Il libro è stato accolto con entusiasmo, un entusiasmo e un affetto che sinceramente non mi aspettavo.

 

Che tipo di ricerche hai svolto per scrivere il tuo libro?

Nel libro è confluita tutta la mia passione per le arti marziali, in particolare per il kendo, il mondo dei samurai e i manga. Quello che non conoscevo già, l’ho cercato in libri come “I segreti dei samurai”, opera completissima sull’argomento. Per i duelli che si svolgono nel libro, ho attinto a piene mani da ciò che mi veniva insegnato in palestra quando praticavo karate e kendo. La fantasia ha fatto il resto.

 

Cosa ti ha sorpreso nella scrittura del libro?

Non è stato un periodo felice quello in cui ho iniziato a scrivere. Quello che mi ha sorpreso è stato il rendermi conto che mentre Shizumaru, il mio personaggio, superava le sue difficoltà, io superavo le mie. È stato un grande strumento di crescita e l’idea che da quel periodo un po’ buio sia nato questo libro mi porta a pensare davvero che esista sempre possibilità di redenzione in ogni cosa.

 

Cosa speri di raggiungere?

Quando ho iniziato a scrivere non avevo in progetto di farlo pubblicare. Ciò che ho ottenuto è di aver rielaborato la mia storia, di aver scoperto sempre più me stesso a poco a poco: questo libro è uno specchio che riflette limpidamente ciò che ero, ciò che sono e ciò che voglio diventare, il tutto nella finzione letteraria dei samurai ovviamente. Mi ha dato la chiave per conoscermi: cosa altro dovrei sperare di raggiungere?

 

Cosa ti piace fare quando non stai scrivendo?

Adoro il mio servizio nell’associazione AGESCI (Associazione Guide e Scout cattolici italiani) e adoro la mia attività in Branca Lupetti e Coccinelle (bambini dagli otto ai dodici anni) e nel catechismo in parrocchia: mettermi a disposizione degli altri in nome del Vangelo è ciò che mi fa più felice.

 

Stai lavorando su altri libri?

Sto mettendo mano ad alcuni nuovi progetti. Credo che presto sentirete di nuovo parlare di me.